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Vangelo di domenica 14 APRILE 2013 ed audio Omelia Don Donato

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ANNO C III DOMENICA DI PASQUA - VANGELO

VANGELO

Gv 8, 12-19

Io sono la luce del mondo.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni.

 

In quel tempo. Il Signore 12Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».

 

AUDIO VANGELO

 

 

 

AUDIO OMELIA

 


 

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TESTO OMELIA

 

3° domenica di Pasqua anno C – 13 aprile 2013

Omelia di don Donato

Oggi mi piacerebbe fare un esperimento: valutare quanto avete capito del brano di Vangelo e delle letture… ma preferisco evitare di mettervi in difficoltà… perché io stesso, di fronte a questi testi, mi sono chiesto come renderli chiari così che da capirne la profondità.

Cerchiamo allora di spiegare alcuni concetti, partendo proprio dal Vangelo.

Iniziamo col prendere in considerazione le domeniche di questo periodo pasquale: la Domenica di Pasqua e la Domenica in Albis ci presentano i brani riguardanti la risurrezione di Gesù; le altre domeniche, a partire da oggi, ci presentano invece chi è Gesù Risorto

La risposta a questa domanda sta nella frase iniziale del testo letto oggi: “Io sono la Luce del mondo, chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la Luce della Vita” Il tema "Cristo Luce" potrebbe essere ciò che caratterizza questa domenica.

Ma quest’oggi non vorrei soffermarmi direttamente su questa idea, del resto abbiamo parlato della luce in quaresima commentando il brano del cieco nato, dove, appunto, Gesù si definiva Luce del mondo.

Nelle tre letture c’è un filo rosso che può essere identificato nella parola “testimonianza”:

Nel testo odierno ricorre più volte questa parola: ben sette volte, ed è presente in varie sfumature. Nella prima lettura, gli Atti degli Apostoli parlano di San Paolo a Roma, arrestato, che dà testimonianza del Regno di Dio; nella Lettera ai Romani – sempre di San Paolo – si legge: “Mi è testimone Dio al quale rendo culto”… dunque San Paolo si sente a sua volta testimone.

Chiediamo allora chi è il testimone: quando si fa un incidente di macchina, la prima cosa che si cerca è qualcuno che abbia visto e che possa "testimoniare"; anche quando ci si sposa, si scelgono i "testimoni" che sono quelle persone che, ufficialmente, dichiarano che il matrimonio è stato celebrato. Dunque il testimone è uno che “ha visto” ed è chiamato a dire ciò che ha visto: e il suo racconto, ha come obbiettivo quello di cercare la verità. Perché quando capita un fatto, come si fa a dire che quella cosa è realmente avvenuta? Per stabilire la veridicità di un fatto c’è bisogno, dunque, di testimoni.

È proprio questo l’argomento del Vangelo:

  • come faccio a dire che Cristo è Luce?
  • come faccio a dire che è Lui che illumina gli uomini?

Per poterlo fare ho bisogno di testimoni…che dicono quello che hanno visto.

Interroghiamoci allora sulla nostra fede: noi siamo testimoni?

Ma come posso essere testimone di una cosa che non ho visto?

Intuiamo allora che per rispondere bisogna allargare il concetto di testimonianza: non sono testimone di una cosa che ho visto, ma sono testimone di una cosa che ho vissuto. Vivendo di fede, sono testimone di qualcosa che comunque è legato alla mia vita. ma bisogna fare attenzione a non confondere l'esperienza reale di un fatto con l'impressione che posso avere o le sensazioni/emozioni che provo. Dobbiamo, in altre parole, scindere l’emotività dalla testimonianza.

Alcune volte, in nome della fede, possiamo sentirci convinti di qualcosa… ma le prove?

La testimonianza ha bisogno di prove.

Il rischio, altrimenti, è che si viva a partire da una testimonianza non chiara, puramente emotiva non radicata sulla realtà ma solo sull'impressione.

Noi crediamo nel Cristo Risorto, ma ne siamo certi? Che prove abbiamo su Cristo risorto? Come posso dire che la mia fede è vera e importante?

Queste domande scoprono tematiche enormi…ed è interessante notare San Pietro che in una delle sue Lettere dice: “Rendete ragione della vostra speranza” che potremmo tradurre anche con “Rendete ragione della vostra fede”. Siamo capaci di rendere ragione della nostra fede? Oppure crediamo solamente a delle cose? E cosa vuole dire allora credere? La fede è qualcosa che cambia la mia vita o è una semplice conoscenza dei fatti e basta?

Se facessimo un sondaggio sulla fede e la domanda fosse: tu credi? Sono sicuro che molti risponderebbero: SÌ credo. Anche quelli che non vengono in chiesa direbbero probabilmente la stessa cosa: sì Credo. Ma se si continuasse nelle domande e se ci si chiedesse: "Perché dico di credere?" Sono sicuro che la risposta sarebbe generica… diremmo semplicemente: “perché Dio c’è”…

Ma quel generico "Dio c’è” a che mi serve capire che Dio c'è? Si richiede un'ulteriore domanda: "a che serve credere?" Cambia qualcosa della vita se Dio non esistesse?

È qui dove la fede diventa testimonianza: l’aver capito che Dio è fondamentale per me, e non solo che esiste!

È questo il cammino che ci è chiesto di fare: passare dal semplice "Dio c'è" al "Dio è importante per me".

Chiediamoci… se crediamo in un Dio essenziale per la nostra vita; allora capiremo che dobbiamo dare “ragione della nostra fede”! Ognuno di noi si deve domandare: sono convinto che la fede mi aiuta a vivere e mi cambia la vita? Perché è questo il nocciolo della questione!

I giudei infatti avvertono che la fede chiede una profondità che essi non sanno capire, per questo affermano: “La tua testimonianza non è vera”, ricevendo la risposta di Gesù che – per sottolineare la sua veridicità – prende spunto dalla Legge: “La mia testimonianza è vera perché ci sono due testimoni: "Io ed il Padre" come appunto recita la legge ebraica per la quale una testimonianza è vera quando ci sono due testimoni.

Dunque…credere vuol dire diventare "testimoni". Che è diverso dal diventare "missionari":

  • Il testimone è uno che ha visto, ha fatto esperienza di Gesù, ha capito che quel Dio è diventato importante nella propria vita e lo fa capire.
  • Il missionario, proprio perché l'ha capito, lo dice, lo proclama.

È importante essere testimoni… Ma, sono convinto che se diventassimo testimoni, diventeremmo anche missionari… Le due cose camminano assieme… mi verrebbe da dire che se non siamo missionari…è perché non siamo testimoni. Quando si fa un'esperienza bella, che ci è rimasta dentro e che ci ha cambiato la vita, siamo capaci di stare zitti? No! Perché quell’esperienza è vera, e ha cambiato la vita! Se si sta zitti, è perché non è stata una cosa così importante!

Siamo chiamati ad andare più a fondo della nostra fede e della nostra vita: l'affermazione "Cristo è Risorto" si trasformerebbe in domanda: Dio ti ha cambiato la vita? Che, a sua volta, ne richiama altre: Cosa cambierebbe, della mia vita, se Dio non ci fosse? Cosa farei di diverso da quello che faccio?

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