Le 10 catechesi Family 2012 - La Famiglia genera la Vita
2. LA FAMIGLIA GENERA LA VITA
A. Canto e saluto iniziale
B. Invocazione dello Spirito Santo
C. Lettura della Parola di Dio
D. Catechesi biblica
1. Maschio e femmina li creò. Perché Dio ha creato l’uomo e la donna? Perché ha voluto che nella coppia umana, più che in ogni altra creatura, brillasse la sua immagine? L’uomo e la donna che si amano, con tutto se stessi, sono la culla che Dio ha scelto per deporvi il Suo amore, affinché ogni figlio e ogni figlia che nascono al mondo possano conoscerlo, accoglierlo e viverlo, di generazione in generazione, dando lode al Creatore.
Nelle prime pagine della Bibbia si illustra il bene che Dio ha pensato per le sue creature. Dio ha creato l’uomo e la donna pari nella dignità eppure differenti: maschio l’uno, femmina l’altra. La somiglianza unita alla differenza sessuale permette ai due di entrare in dialogo creativo, stringendo un’alleanza di vita. Nella Bibbia l’alleanza con il Signore è ciò che dà vita al popolo, in rapporto con il mondo e la storia dell’umanità intera. Ciò che la Bibbia insegna a proposito dell’umanità e di Dio ha radice nella vicenda dell’Esodo, in cui Israele sperimenta la vicinanza benevola del Signore e diviene suo popolo, acconsentendo a quell’alleanza da cui soltanto proviene la vita.
La storia dell’alleanza del Signore con il suo popolo illumina il racconto della creazione dell’uomo e della donna. Essi sono creati per un’alleanza che non riguarda solo loro stessi, ma coinvolge il Creatore: «A immagine e somiglianza di Dio lo creò: maschio e femmina li creò».
La famiglia nasce dalla coppia pensata, nella sua stessa differenza sessuata, a immagine del Dio dell’alleanza. In essa il linguaggio del corpo ha grande rilievo, racconta qualcosa di Dio stesso. L’alleanza che un uomo e una donna, nella loro differenza e complementarietà, sono chiamati vivere è a immagine e somiglianza del Dio alleato del suo popolo. Il corpo femminile è predisposto per desiderare e accogliere il corpo maschile e viceversa, ma lo stesso, prima ancora, vale per la «mente» e il «cuore». L’incontro con una persona dell’altro sesso suscita sempre curiosità, apprezzamento, desiderio di farsi notare, di dare il meglio di sé, di mostrare il proprio valore, di prendersi cura, di proteggere…; è un incontro sempre dinamico, carico di energia positiva, poiché nella relazione con l’altro/a scopriamo e sviluppiamo noi stessi. L’identità maschile e femminile risalta specialmente quando tra lui e lei sorge la meraviglia per l’incontro e il desiderio di stabilire un legame.
Nel racconto di Gen 2, Adamo si scopre maschio proprio nel momento in cui riconosce la femmina: l’incontro con la donna gli fa percepire e nominare il suo essere uomo. Il reciproco riconoscimento dell’uomo e della donna sconfigge il male della solitudine e rivela la bontà dell’alleanza coniugale. Contrariamente a quello che sostiene l’ideologia del gender, la differenza dei due sessi è molto importante. È il presupposto perché ognuno possa sviluppare la propria umanità nella relazione e nell’interazione con l’altro. Mentre i due coniugi si donano totalmente l’uno all’altro, insieme si donano anche ai figli che potrebbero nascere. Tale dinamica del dono viene impoverita ogni qual volta si fa un uso egoistico della sessualità, escludendo ogni apertura alla vita.
2. Non è bene che l’uomo sia solo. Per colmare la solitudine di Adamo, Dio crea per lui «un aiuto che gli corrisponda». Nella Bibbia il termine «aiuto» ha per lo più Dio come soggetto, fino a diventare un titolo divino («Il Signore è per me, è il mio aiuto» Sal 118,7) con «aiuto», inoltre, non si intende un generico intervento, ma il soccorso portato a fronte di un pericolo mortale. Creando la donna quale aiuto che gli corrisponde, Dio sottrae l’uomo alla cattiva solitudine che mortifica, e lo inserisce nell’alleanza che dà vita: l’alleanza coniugale, in cui l’uomo e la donna si donano reciprocamente la vita; l’alleanza genitoriale, in cui padre e madre trasmettono la vita ai figli.
La donna e l’uomo sono l’una per l’altro un «aiuto» che «sta di fronte», sostiene, condivide, comunica, escludendo qualsiasi forma di inferiorità o di superiorità. La pari dignità tra uomo e donna non ammette alcuna gerarchia e, nello stesso tempo, non esclude la differenza. La differenza consente a uomo e donna di stringersi in alleanza e l’alleanza li rende saldi. Lo insegna il libro del Siracide: «Chi si procura una sposa possiede il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio. Dove non esiste siepe la proprietà è saccheggiata, ove non c’è donna l’uomo geme randagio» (36, 26-27).
L’uomo e la donna che si amano nel desiderio e nella tenerezza dei corpi, come pure nella profondità del dialogo, divengono alleati che si riconoscono l’uno grazie all’altra, mantengono la parola data e sono fedeli al patto, si sostengono per realizzare quella somiglianza con Dio a cui, come maschio e femmina, sono chiamati fin dalla fondazione del mondo. Lungo il cammino della vita approfondiscono il linguaggio del corpo e della parola, poiché di entrambi c’è bisogno quanto dell’aria e dell’acqua. Uomo e donna devono evitare le insidie del silenzio, della distanza e dell’incomprensione. Non di rado i ritmi lavorativi, quando divengono estenuanti, sottraggono tempo ed energie alla cura della relazione tra gli sposi: c’è bisogno allora del tempo della festa che celebra l’alleanza e la vita.
La creazione della donna avviene mentre l’uomo dorme profondamente. Il torpore che Dio fa scendere su di lui esprime il suo abbandonarsi a un mistero che gli è impossibile comprendere. L’origine della donna rimane avvolta nel mistero di Dio, come misteriosa rimane per ogni coppia l’origine del proprio amore, il motivo dell’incontro e della reciproca attrazione che ha condotto alla comunione di vita. Una cosa appare tuttavia certa: nella relazione di coppia Dio ha inscritto la «logica» del suo amore, per la quale il bene della propria vita consiste nel donarsi all’altro/a.
L’amore di coppia, fatto di attrazione, compagnia, dialogo, amicizia, cura… affonda le sue radici nell’amore di Dio, che fin dall’origine ha pensato l’uomo e la donna quali creature che si amassero del suo stesso amore, benché l’insidia del peccato possa rendere faticosa e ambigua la loro relazione. Purtroppo il peccato sostituisce la logica dell’amore, del dono di sé con la logica del potere, del dominio, della propria affermazione egoistica.
3. I due saranno un’unica carne. Creata dalla costola dell’uomo, la donna è «carne dalla sua carne e osso dalle sue ossa». Per tale motivo, la donna partecipa della debolezza – la carne – dell’uomo, ma anche della sua struttura portante – l’osso –. Un commento del Talmud osserva che «Dio non ha creato la donna dalla testa dell’uomo perché dominasse l’uomo; non l’ha creata dai piedi perché fosse soggetta all’uomo, ma l’ha creata dalla costola perché fosse vicina al suo cuore». A queste parole fanno eco quelle dell’«amata» del Cantico dei Cantici: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore...» (8,6). In esse si esprime l’unione profonda e intensa cui aspira e alla quale è destinato l’amore di coppia.
«Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne»:l’uomo pronuncia queste sue prime parole di fronte alla donna. Fino a questo momento egli aveva «lavorato» dando nome agli animali, rimanendo però ancora solo, incapace di parole di comunione. Quando invece vede davanti a sé la donna, l’uomo pronuncia parole di meraviglia, riconoscendo in lei la grandezza di Dio e la bellezza degli affetti. Alla comunione ricca di stupore, gratitudine e solidarietà di un uomo e di una donna Dio affida la sua creazione. Alleandosi nell’amore essi diventeranno nel tempo un’«unica carne».
L’espressione «unica carne» allude certamente al figlio, ma ancor prima evoca la comunione interpersonale che coinvolge totalmente l’uomo e la donna, al punto da costituire una nuova realtà. Così uniti, l’uomo e la donna potranno e dovranno disporsi alla trasmissione della vita, all’accoglienza, generando i figli ma anche aprendosi alle forme dell’affido e dell’adozione. L’intimità coniugale, infatti, è il luogo originario predisposto e voluto da Dio dove la vita umana non solo viene generata e nasce, ma anche viene accolta e apprende tutta la costellazione degli affetti e dei legami personali.
Nella coppia vi è meraviglia, accoglienza, dedizione, sollievo all’infelicità e alla solitudine, alleanza e gratitudine per le opere meravigliose di Dio. E così essa si fa terreno buono dove la vita umana viene seminata, germoglia e viene alla luce. Luogo di vita, luogo di Dio: la coppia umana, accogliendo insieme l’una e l’Altro, realizza il suo destino a servizio della creazione e, divenendo sempre più simile al suo Creatore, percorre il cammino verso la santità.
E. Ascolto del Magistero
Nella vita di famiglia le relazioni interpersonali hanno fondamento e ricevono alimento dal mistero dell’amore. Il matrimonio cristiano, quel vincolo per cui l’uomo e la donna promettono di amarsi nel Signore per sempre e con tutto se stessi, è la sorgente che alimenta e vivifica i rapporti fra tutti i membri della famiglia. Non a caso, nei brani seguenti della Familiaris Consortio e dell’Evangelium Vitae, per illustrare il segreto della vita domestica, ricorrono più volte i termini «comunione» e «dono».
L’amore, sorgente e anima della vita familiare
La comunione coniugale costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la più ampia comunione della famiglia, dei genitori e dei figli, dei fratelli e delle sorelle tra loro, dei parenti e di altri familiari.
Tale comunione si radica nei legami naturali della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il suo perfezionamento propriamente umano nell’instaurarsi e nel maturare dei legami ancora più profondi e ricchi dello spirito: l’amore, che anima i rapporti interpersonali dei diversi membri della famiglia, costituisce la forza interiore che plasma e vivifica la comunione e la comunità familiare.
La famiglia cristiana è poi chiamata a fare l’esperienza di una nuova e originale comunione, che conferma e perfeziona quella naturale e umana. In realtà, la grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), è per sua natura e interiore dinamismo una «grazia di fraternità», come la chiama san Tommaso d’Aquino (S. Th. II· II·, 14, 2, ad 4). Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la radice viva e l’alimento inesauribile della soprannaturale comunione che raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra loro nell’unità della Chiesa di Dio. Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa domestica» (LG, 11; cfr. AA, 11).
Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una «scuola di umanità più completa e più ricca»: (GS, 52) è quanto avviene con la cura e l’amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze. [Familiaris Consortio, 21]
La famiglia è chiamata in causa nell’intero arco di esistenza dei suoi membri, dalla nascita alla morte. Essa è veramente «il santuario della vita..., il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana». Per questo, determinante e insostituibile è il ruolo della famiglia nel costruire la cultura della vita.
Come chiesa domestica, la famiglia è chiamata ad annunciare, celebrare e servire il Vangelo della vita. È un compito che riguarda innanzitutto i coniugi, chiamati ad essere trasmettitori della vita, sulla base di una sempre rinnovata consapevolezza del senso della generazione, come evento privilegiato nel quale si manifesta che la vita umana è un dono ricevuto per essere a sua volta donato. Nella procreazione di una nuova vita i genitori avvertono che il figlio «se è frutto della loro reciproca donazione d'amore, è, a sua volta, un dono per ambedue, un dono che scaturisce dal dono».
È soprattutto attraverso l'educazione dei figli che la famiglia assolve la sua missione di annunciare il Vangelo della vita. Con la parola e con l'esempio, nella quotidianità dei rapporti e delle scelte e mediante gesti e segni concreti, i genitori iniziano i loro figli alla libertà autentica, che si realizza nel dono sincero di sé, e coltivano in loro il rispetto dell'altro, il senso della giustizia, l'accoglienza cordiale, il dialogo, il servizio generoso, la solidarietà e ogni altro valore che aiuti a vivere la vita come un dono. L'opera educativa dei genitori cristiani deve farsi servizio alla fede dei figli e aiuto loro offerto perché adempiano la vocazione ricevuta da Dio. Rientra nella missione educativa dei genitori insegnare e testimoniare ai figli il vero senso del soffrire e del morire: lo potranno fare se sapranno essere attenti ad ogni sofferenza che trovano intorno a sé e, prima ancora, se sapranno sviluppare atteggiamenti di vicinanza, assistenza e condivisione verso malati e anziani nell'ambito familiare. [Evangelium Vitae, 92]
F. Domande per il dialogo di coppia e in gruppo
Domande per la coppia
- Come viviamo il desiderio e la tenerezza nella nostra relazione?
- Quali ostacoli intralciano il nostro cammino di alleanza profonda?
- Il nostro amore di coppia è aperto ai figli, alla società e alla chiesa?
- Quale piccola decisione possiamo prendere per migliorare la nostra intesa?
Domande per il gruppo famigliare e la comunità
- Come promuovere nella nostra comunità il valore dell’amore sponsale?
- Come favorire la comunicazione e l’aiuto reciproco tra le famiglie?
- Come aiutare coloro che sono in difficoltà nella vita di coppia e di famiglia?